Il bhakti yoga è la via della devozione, dell’amore verso il divino. È la via dell’abbandono, della resa al fuoco della ricerca spirituale – quella nostalgia spesso inconscia di tornare Uno, di fonderci con il Tutto. È la via incarnata da Krishna, la divinità indiana che rappresenta sia l’amore terreno fra due amanti sia quello trascendentale tra il divino e gli esseri umani.
Il bhakti yoga è lo yoga del Cuore, e al tempo stesso è “il Cuore dello yoga”. Bhakta è infatti il devoto, colui che si apre al canto dell’esistenza e realizza il Sé infinito non attraverso lo sforzo o l’intelletto, bensì attraverso l’amore e la resa al divino. Egli si inchina all’energia cosmica che pervade il mondo e da essa si lascia pervadere, fino a raggiungere quello stato in cui non vi è più separazione, tornando a essere Uno con il cosmo. E’ lo stato naturale dell’essere umano, e lo possiamo facilmente sperimentare quando cantiamo in gruppo: le diverse voci di ognuno a un tratto diventano un’unica cosa, un unico suono, una sola immensa Voce che canta la canzone dell’esistenza.
Una delle pratiche più immediate e potenti del bhakti yoga, infatti, è il canto di mantra, chiamato anche Mantra Yoga, la cui forma più efficace è quella che si esercita in gruppo attraverso bhajan o kirtan, in cui la partecipazione degli ascoltatori non è passiva ma è al contrario attiva e coinvolgente.
Chi fa yoga avrà sentito parlare spesso dell’apertura del Quarto Chakra. Tutti ne parlano, pochi lo hanno sperimentato davvero. Viviamo in un mondo che sin dalla nascita non ci invita a mantenerlo aperto, anzi, sin da piccoli impariamo a chiuderlo per difenderci – dalle delusioni, dalle ferite, da un modello educativo sbagliato che tarpa molti slanci vitali del bambino.
Abituati a non sentire nulla, perché così ci sembra di essere più al sicuro, da adulti non appena sentiamo qualcosa siamo sopraffatti e talmente spaventati di esporci nudi e vulnerabili da chiudere di nuovo istantaneamente quel piccolo spiraglio di apertura. E se è accaduto, se ci siamo aperti, magari proiettiamo chissà quali scuse al fatto che comunque era una situazione particolare, come se nella quotidianità fosse impossibile ripetere l’esperienza.
Invece non solo è possibile, ma il bhakti yoga ci insegna che è possibile proprio qui e ora, indipendentemente dalle condizioni esterne, perché questa possibilità è già insita dentro ognuno di noi e facciamo tutti parte di quello stesso spirito creativo di amore che permette all’universo di accadere in ogni singolo istante.
Io stessa non mi sarei mai e poi mai ritenuta una bhakta, e ci ho messo anni prima di permettermi di cantare e di suonare in pubblico, di vivere quella devozione verso il divino che pure era in qualche modo subito sbocciata in me già nelle prime esperienze di kirtan, avute prima ancora di conoscere lo yoga. Riconoscere pienamente e portare nella mia vita consapevolmente questa parte di me, questo “dono”, ha richiesto un lungo viaggio nelle mie oscurità e nelle mie potenzialità creative più inattese.
La bhakti è il fuoco che spinge alla trasformazione, è la nostalgia del ritorno a casa, il desiderio profondo di tornare a uno stato di non separazione. E’ ciò che ti spinge a dare e a darti.
Il bhakti yoga è estasi, è partecipazione attiva al divino.
Lo yoga e il bhakti yoga viaggiano insieme, lo yoga senza bhakti trovo che non abbia senso. Grazie allo yoga ci svestiamo piano piano di attaccamenti e paure anche molto antiche, che ci impedivano di vivere una vera apertura a noi stessi e agli altri, e che come abiti polverosi vengono lasciati cadere a terra e abbandonati, ma la vera realizzazione non è eseguire in modo perfetto asana complessi o tenere a bada lo stress.
La vera realizzazione è Amore. Il vero successo è Essere. Siamo abituati a fare, ad agire: faccio yoga, faccio meditazione, faccio l’amore, muovo il corpo, respiro. Io. Io. Io. Nel bhakti yoga non c’è nessun fare, nessuna azione personale. Lascio che sia l’amore, l’esistenza a muovermi, secondo i suoi tempi. Lascio che sia.
Senza devozione lo yoga diventa una ginnastica, una serie di esercizi sterili, vuoti di significato e pieni invece di ego: ecco perché lo yoga moderno rischia spesso di diventare una performance. E se provassimo a rilassarci, senza cercare di ottenere nulla? Se provassimo a essere grati di ogni sensazione ed emozione, anche quelle che non ci piacciono, perché magari hanno qualcosa da dirci proprio su di noi? Se provassimo a inchinarci allo spirito dell’esistenza che è sempre lo stesso ovunque andiamo, che è nelle immense montagne selvagge come nella piantina in vaso sul balcone?
Siamo sempre in movimento, sempre alla ricerca di un risultato, di un’esperienza; ma attraverso il sentiero del bhakti yoga possiamo accorgerci che in realtà tutto si espande e arriva dall’interno, senza sforzo, semplicemente ascoltando e restando in contatto con la propria fonte interiore, con il divino che non ha forma né attributi, che non è da qualche parte lontano nell’etere, ma è proprio qui, in ogni manifestazione, in ognuno di noi, come le onde del mare che seppur distinte non sono separate da lui.